martedì 13 gennaio 2015

BAMBINI A TAVOLA


                                   BAMBINI A TAVOLA




Spesso i bambini non sanno da dove proviene il cibo che arriva in tavola: pensano che il latte lo produce il supermercato come anche la frutta, la verdura, la carne, il pane.
La scuola materna si presenta come palestra ideale per condurre i bambini a conoscere la provenienza del cibo che essi quotidianamente mangiano, facendoli riflettere sul processo di trasformazione degli alimenti più comuni e aprirsi alla scoperta del mondo naturale.
Con questo progetto, si vuole aiutare il bambino nella costruzione di un gusto personale, attraverso esperienze anche di natura sensoriale.
Infatti il gusto non si sente solo in bocca, anche la vista, il tatto e l’udito sono utili nell’apprezzamento del cibo.
L’alimentazione è un bisogno fondamentale dell’uomo.
Cibo, quindi non solo come elemento nutritivo, indispensabile per la crescita fisica e psicofisica, ma anche come elemento carico di valenze affettive, emotive, sociali.
La voglia di far riflettere i bambini sull’alimentazione, far conoscere loro il mondo naturale, i suoi ritmi e i processi di trasformazione di alcuni fra gli alimenti più comuni, mi ha portato a scegliere questo progetto sull’educazione alimentare e più in generale sull’educazione alla salute.
Il gioco, l’attività creativa permetteranno al bambino di vivere in un clima piacevole e giocoso che dà spazio alle emozioni, alle relazioni, alle esperienze vissute.
Educare al gusto significa anche risvegliare i sensi ADDORMENTATI
dalla produzione alimentare dei nostri tempi che uniforma i vari gusti.

  E' importante:

- Educare i bambini alla costruzione di un gusto personale.
- Valorizzare l’aspetto emotivo- relazionale del cibo
- Conoscere la composizione di una varia, sana e corretta alimentazione
  che valorizzi la stagionalità, la produzione  locale, i piatti tipici.
- Promuovere lo sviluppo dell’identità personale e sociale attraverso la
  conoscenza delle tradizioni culinarie del territorio di appartenenza
- Condurre il bambino attraverso esperienze concrete per conoscere ciò che                   
  mangia e per acquisire corrette abitudini alimentari.


METODOLOGIA

- Partire da situazioni stimolo:
- mangiare della frutta e intavolare una conversazione;
- Preparazione di cibi (macedonia, pizze, spremute di arance);
- esperienza di semina (grano, legumi)
- Racconti illustrati: storia del pane, del latte, filastrocche, audiovisivi.


Tratto da un progetto di Scuola dell'Infanzia



Il cibo ha una forte componente sociale: impariamo a mangiare in famiglia, festeggiamo compleanni mangiando tutti insieme, ci sposiamo offrendo da mangiare, pranzando e cenando si discute di amore e affari.
Gli studi di Kaye e Schaffer mettono in luce come le pause di suzionenell’allattamento non sono soltanto in funzione dei ritmi biologici ma sono anche al servizio di uno scambio comunicativo.
Generalmente, durante le pause di suzione del bambino la mamma accarezza e parla al piccolo. Si è dimostrato come la stimolazione prolungata della mamma allunga la pausa del bambino, mentre una stimolazione più breve tende a far riprendere subito l’attività. Questa alternanza di turni è dunque la prima forma di dialogo, che avviene proprio durante l’alimentazione.
Nell’allattamento al seno il dialogo è ancor più sintonico perchè il contatto è diretto.
E’ quindi fuor di dubbio che il rapporto con il cibo abbia una profonda connotazione che risiede nelle relazioni primarie.
Diane Ackerman, in Storia naturale dei sensi, fa notare come il gusto è tra i cinque sensi l’unico di cui possiamo godere in compagnia. Mangiare tutti insieme, compresi i bimbi piccoli, è preferibile proprio per creare un momento piacevole per tutta la famiglia, associato a stati emozionali positivi, in cui riprendere “contatto”, interagire e comunicare.
Il mangiare può essere visto come un arcaico motore che avvicina le persone, come il lattante al seno della madre.
Lo svezzamento è un momento privilegiato di relazione con il genitore, il bambino si comincia ad aprire al mondo esterno esplorando attraverso la bocca nuovi sapori e consistenze diverse, manipolando materie sconosciute, è una tappa evolutiva importante e delicata. Nello svezzamento il bimbo richiede la presenza fiduciosa della mamma, che lo accompagna nel percorso modulando spazi di libertà e necessari aiuti, rivelandosi dunque come parte integrante del comportamento di attaccamento, essenziale alla sopravvivenza del piccolo in una prospettiva etologico-evoluzionista.
Il desco famigliare è una fonte costruttiva di comunicazione e condivisione, stimolante e gioiosa. Il bambino deve essere coinvolto nelle azioni alimentari e di relazione, assaggiando gradualmente gli alimenti che sono in tavola, imitando il fratellino e i genitori con un approccio dolce e senza imposizioni.
L’ introduzione degli alimenti solidi passa per la negoziazione, all’interno della relazione genitore-bambino, degli aspetti emergenti di autonomia. Tutti i bimbi dagli 8-9 mesi di vita circa mostrano il desiderio di mangiare da soli. Da un recente studio pubblicato sul British Medical Journal dall’Università di Nottingham nel Regno Unito, è emerso come lo svezzare i bambini, già dai 6 mesi compiuti, con il cosiddetto “finger-food”, il cibo che si mangia con le mani, previene i disturbi alimentari, rispetto alle pappe frullate, perchè nel bimbo aumenta la consapevolezza del valore nutrizionale di ciò che mangia.
Mangiando da solo con le mani il bambino afferma la sua individualità, e il suo potere di decisione su cosa e quanto mangiare, non a caso un detto popolare recita “le mani sono le posate del re”, sottolineando la libertà e il piacere del gusto in quest’ atto. Successivamente, tramite imitazione, il bambino apprenderà l’uso delle posate, scegliendo di volerle usare.
Togliete il vassoio dal seggiolone, che allontana e isola, e se il bambino non lo sopporta proprio fatelo pure stare sulle vostre gambe. L’educazione al piacere della condivisione, alla partecipazione e al senso di appartenenza al gruppo familiare vengono prima di qualunque galateo!

Tratto da un articolo di Ilaria Cianfarani








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