mercoledì 21 gennaio 2015

La mie esperienza fin quì!

Sono Serena, ho 35 anni, e da 16 anni lavoro come insegnante nella scuola dell'Infanzia. Il mio lavoro è la realizzazione del mio sogno di bambina, infatti, al termine degli studi superiori, ho avuto la possibilità di affrontare l'esperienza lavorativa in una scuola, raccogliendo subito molte soddisfazioni. Ho lavorato per otto anni in una scuola privata, successivamente, col superamento del concorso ordinario per docenti di scuola dell'infanzia, sono stata immessa in ruolo in una scuola statale.
Il mio lavoro mi gratifica molto, ma ho sentito la necessità di iscrivermi alla facoltà di Scienze dell'Educazione e della Formazione, per arricchire il mio bagaglio personale.
Alcuni temi affrontati nel percorso di studi erano inerenti il mio lavoro, ma altri mi hanno aperto a nuove prospettive che mi hanno molto stimolato.
Credo sia fondamentale aggiornarsi continuamente, e confrontarsi con conoscenze e realtà diverse dalla propria!

martedì 13 gennaio 2015

BAMBINI A TAVOLA


                                   BAMBINI A TAVOLA




Spesso i bambini non sanno da dove proviene il cibo che arriva in tavola: pensano che il latte lo produce il supermercato come anche la frutta, la verdura, la carne, il pane.
La scuola materna si presenta come palestra ideale per condurre i bambini a conoscere la provenienza del cibo che essi quotidianamente mangiano, facendoli riflettere sul processo di trasformazione degli alimenti più comuni e aprirsi alla scoperta del mondo naturale.
Con questo progetto, si vuole aiutare il bambino nella costruzione di un gusto personale, attraverso esperienze anche di natura sensoriale.
Infatti il gusto non si sente solo in bocca, anche la vista, il tatto e l’udito sono utili nell’apprezzamento del cibo.
L’alimentazione è un bisogno fondamentale dell’uomo.
Cibo, quindi non solo come elemento nutritivo, indispensabile per la crescita fisica e psicofisica, ma anche come elemento carico di valenze affettive, emotive, sociali.
La voglia di far riflettere i bambini sull’alimentazione, far conoscere loro il mondo naturale, i suoi ritmi e i processi di trasformazione di alcuni fra gli alimenti più comuni, mi ha portato a scegliere questo progetto sull’educazione alimentare e più in generale sull’educazione alla salute.
Il gioco, l’attività creativa permetteranno al bambino di vivere in un clima piacevole e giocoso che dà spazio alle emozioni, alle relazioni, alle esperienze vissute.
Educare al gusto significa anche risvegliare i sensi ADDORMENTATI
dalla produzione alimentare dei nostri tempi che uniforma i vari gusti.

  E' importante:

- Educare i bambini alla costruzione di un gusto personale.
- Valorizzare l’aspetto emotivo- relazionale del cibo
- Conoscere la composizione di una varia, sana e corretta alimentazione
  che valorizzi la stagionalità, la produzione  locale, i piatti tipici.
- Promuovere lo sviluppo dell’identità personale e sociale attraverso la
  conoscenza delle tradizioni culinarie del territorio di appartenenza
- Condurre il bambino attraverso esperienze concrete per conoscere ciò che                   
  mangia e per acquisire corrette abitudini alimentari.


METODOLOGIA

- Partire da situazioni stimolo:
- mangiare della frutta e intavolare una conversazione;
- Preparazione di cibi (macedonia, pizze, spremute di arance);
- esperienza di semina (grano, legumi)
- Racconti illustrati: storia del pane, del latte, filastrocche, audiovisivi.


Tratto da un progetto di Scuola dell'Infanzia



Il cibo ha una forte componente sociale: impariamo a mangiare in famiglia, festeggiamo compleanni mangiando tutti insieme, ci sposiamo offrendo da mangiare, pranzando e cenando si discute di amore e affari.
Gli studi di Kaye e Schaffer mettono in luce come le pause di suzionenell’allattamento non sono soltanto in funzione dei ritmi biologici ma sono anche al servizio di uno scambio comunicativo.
Generalmente, durante le pause di suzione del bambino la mamma accarezza e parla al piccolo. Si è dimostrato come la stimolazione prolungata della mamma allunga la pausa del bambino, mentre una stimolazione più breve tende a far riprendere subito l’attività. Questa alternanza di turni è dunque la prima forma di dialogo, che avviene proprio durante l’alimentazione.
Nell’allattamento al seno il dialogo è ancor più sintonico perchè il contatto è diretto.
E’ quindi fuor di dubbio che il rapporto con il cibo abbia una profonda connotazione che risiede nelle relazioni primarie.
Diane Ackerman, in Storia naturale dei sensi, fa notare come il gusto è tra i cinque sensi l’unico di cui possiamo godere in compagnia. Mangiare tutti insieme, compresi i bimbi piccoli, è preferibile proprio per creare un momento piacevole per tutta la famiglia, associato a stati emozionali positivi, in cui riprendere “contatto”, interagire e comunicare.
Il mangiare può essere visto come un arcaico motore che avvicina le persone, come il lattante al seno della madre.
Lo svezzamento è un momento privilegiato di relazione con il genitore, il bambino si comincia ad aprire al mondo esterno esplorando attraverso la bocca nuovi sapori e consistenze diverse, manipolando materie sconosciute, è una tappa evolutiva importante e delicata. Nello svezzamento il bimbo richiede la presenza fiduciosa della mamma, che lo accompagna nel percorso modulando spazi di libertà e necessari aiuti, rivelandosi dunque come parte integrante del comportamento di attaccamento, essenziale alla sopravvivenza del piccolo in una prospettiva etologico-evoluzionista.
Il desco famigliare è una fonte costruttiva di comunicazione e condivisione, stimolante e gioiosa. Il bambino deve essere coinvolto nelle azioni alimentari e di relazione, assaggiando gradualmente gli alimenti che sono in tavola, imitando il fratellino e i genitori con un approccio dolce e senza imposizioni.
L’ introduzione degli alimenti solidi passa per la negoziazione, all’interno della relazione genitore-bambino, degli aspetti emergenti di autonomia. Tutti i bimbi dagli 8-9 mesi di vita circa mostrano il desiderio di mangiare da soli. Da un recente studio pubblicato sul British Medical Journal dall’Università di Nottingham nel Regno Unito, è emerso come lo svezzare i bambini, già dai 6 mesi compiuti, con il cosiddetto “finger-food”, il cibo che si mangia con le mani, previene i disturbi alimentari, rispetto alle pappe frullate, perchè nel bimbo aumenta la consapevolezza del valore nutrizionale di ciò che mangia.
Mangiando da solo con le mani il bambino afferma la sua individualità, e il suo potere di decisione su cosa e quanto mangiare, non a caso un detto popolare recita “le mani sono le posate del re”, sottolineando la libertà e il piacere del gusto in quest’ atto. Successivamente, tramite imitazione, il bambino apprenderà l’uso delle posate, scegliendo di volerle usare.
Togliete il vassoio dal seggiolone, che allontana e isola, e se il bambino non lo sopporta proprio fatelo pure stare sulle vostre gambe. L’educazione al piacere della condivisione, alla partecipazione e al senso di appartenenza al gruppo familiare vengono prima di qualunque galateo!

Tratto da un articolo di Ilaria Cianfarani








giovedì 8 gennaio 2015

I NO CHE AIUTANO A CRESCERE

Nel suo libro, che vi consiglio vivamente di leggere, Asha Phillips ci guida alla comprensione del perché il bambino ha bisogno di limiti per poter crescere bene. Un bambino a cui venga concesso tutto, senza limitazione, non è in grado di relazionarsi con gli altri, visto che difficilmente il resto delle persone con cui avrà a che fare saranno disposte a dargliete tutte vinte, ma soprattutto non è in grado di vivere la vita senza frustrazioni, e non può instaurare un buon rapporto con se stesso. Insomma i no aiutano decisamente a crescere. Capire che ci sono dei limiti da rispettare, aiuta i bambini a crescere più forti.



Prima di tutto direi in quei casi in cui sta mettendo a repentaglio la sua vita o quella di altre persone.
Però anche quelli che sono importanti per il suo futuro, per la sua educazione, per capire cosa è giusto e sbagliato in generale.

Insomma alla fine molti dei no possono diventare dei si, delle possibilità, ed essere percepite meglio dai nostri figli. E’ una tecnica applicabile ad ogni età, anche i più piccoli che vogliono mettersi in bocca qualcosa di pericoloso, o vogliono toccare la presa elettrica possono essere deviati su qualcos’altro di più divertente (se non sono troppo tenaci potrebbe persino funzionare). Per i più grandi poi le possibilità sono moltissime e ci si può anche giocare insieme a trovare i si (“questo non si può fare, però vediamo se riusciamo a trovare un’altro modo per…”)



lunedì 5 gennaio 2015

COME INSEGNARE IL RISPETTO DELLE REGOLE



Il bambino urla? Tu abbassa la voce



Non è raro, però, che mamma e papà abbiano stabilito le regole che considerano indispensabili per il loro pargolo in base all'età, in modo semplice e chiaro ma 'la risposta' sia lo stesso poco convinta.
"Ma perché mio figlio non mi ascolta e vuole fare (quasi sempre) quello che gli va?!"Un ritornello e una domanda che, probabilmente, molti genitori si sono posti...
l bimbo è egocentrico e, naturalmente, protesta di fronte a un divieto, il 'no' viene vissuto da lui in modo violento, come un pugno nello stomaco.
Il genitore, talvolta, si spaventa davanti all'urlo del bimbo (a qualsiasi età) e si mette sullo stesso piano, urlando più del figlio. In questo modo, la mamma diventa la 'strega cattiva', il figlio non la riconosce più come madre e si innesca un meccanismo in cui si continua ad alzare la posta.
Abbassare, invece, il tono di voce spiazza il bambino  e, spesso, anche gli adulti,  e suggerisce uno strumento per comunicare diverso dall'urlo.

Il bambino è arrabbiato? Digli “ti capisco” (ma mandalo lo stesso a letto)

Come educatori, se manteniamo la calma, trasmettiamo l'idea che la rabbia si può gestire in tanti modi, rispetto a strilli e pianti. È importante dirgli che ha ragione a essere arrabbiato, riconoscendo, quindi, cosa prova, ma proprio non si può fare altrimenti.
Mostriamo di capire che è arrabbiato perché vorrebbe giocare ancora fino alle 23 ma non è possibile, deve andare a letto.
Di fronte alla rabbia del bambino, come genitore devo mettermi nei suoi panni, entrando in empatia con lui, offrendogli così anche l'opportunità di dare un nome alle emozioni di quel momento.
La rabbia esplosiva intimorisce il bimbo stesso, lui ha bisogno di sapere che l'adulto capisce quello che sente e gli dà una risposta utile: "Guarda, capisco che sei molto arrabbiato'"Un'affermazione del genere permette al bambino di abbassare la tensione.

Il bambino fa i capricci? Mantieni il controllo

Quando il bimbo non sente ragioni e si oppone con tutte le sue forze a un 'no', il genitore dovrebbe mantenere (a tutti i costi) il controllo anche se (forse) non è sempre facilissimo.
Un errore da evitare è quello di adottare lo stesso comportamento di nostro figlio: se lui urla, io urlo più di lui. L'adulto ha altre risorse e capacità, se io genitore imparo a non urlare e ricorro, per esempio, a un po' di umorismo, passo un messaggio importante al bambino.
L'umorismo è sicuramente una risorsa che va attivata e funziona subito, noi impariamo attraverso le esperienze positive, e poi riapplichiamo quanto appreso ad altre situazioni.
La mamma deve cercare di controllarsi, e mantenere la calma, contando fino a 10. Questo vale soprattutto nelle situazioni più classiche, tipo quella dei capricci al supermercato. Se il bimbo inizia a urlare che vuole tutto lo scaffale delle caramelle, è importante dire con voce ferma (e calma), "No, non si può, ora andiamo a casa".
Dopo la scuola, il bambino è stanco e non è certo l'ideale andare a fare la spesa, quando lui, probabilmente, avrebbe voglia di fare tutt'altro, anche questo contribuisce a innescare un meccanismo di ribellione. Un buon approccio è quello di mettersi d'accordo prima, offrendo al bambino l'opportunità di scegliere una sola cosa.

Impara a comunicare i sentimenti

Un aspetto di primo piano nella relazione tra genitore e figli, anche per l'educazione, è la capacità di comunicare i sentimenti. L'adulto deve riconoscere quelli del bimbo e al tempo stesso esplicitare i suoi senza sotterfugi per aiutarlo a capire cosa prova.
Se la mamma è molto seccata per la scenata che suo figlio ha scatenato al supermercato, deve ammetterlo.Come adulti, abbiamo l'obbligo di fare chiarezza su tutte le emozioni, positive e negative.
Teniamo presente che con un bimbo funziona di più ammettere: "Sono arrabbiata ora perché questa cosa non si fa!". Non ha invece senso dire al figlio, 'Sei cattivo!', 'Non me lo aspettavo'. Non è neanche corretto sgridare il bambino e consolarlo subito dopo: il messaggio è troppo contraddittorio e il figlio si chiederà cosa vale.

Migliore ‘punizione’: il bambino sta qualche minuto in silenzio

Per quanto riguarda la gestione dei capricci o infrazione delle regole familiari, ci sono molte scuole di pensiero. Una possibile tecnica è quella di lasciare il bimbo solo a pensare, magari in camera sua, dicendogli: "Stai qui un attimo, calmati e poi, quando passa, facciamo qualcosa insieme"
Il bimbo piange e resta con se stesso, si inventa qualcosa e impara anche a sopportare l'attesa, questo è un tempo utile per lui, di pausa e riflessione”, dichiara l'esperta della famiglia.

Ai bambini non fanno bene paragoni e ricatti

Minacce, più o meno sottili, paragoni con tutti i compagni più bravi e ricatti morali (o peggio ancora punizioni corporali) non funzionano. Perché l'accettazione di un regola, basata solo sulla paura (o l'umiliazione), non è uno stimolo per la crescita.

Il bambino rispetta la regola. Ditegli: “Bravo!”

Al contrario è indispensabile mettere in risalto l'impegno e la buona volontà ogni volta che il bimbo 'prova' (o riesce del tutto) a seguire una regola.
Quando un bambino rispetta una regola, occorre sottolinearlo, questo atteggiamento agisce come rinforzo e trasmette al bambino un messaggio chiaro e positivo rispetto a quello che ha fatto. Così avrà voglia di ripeterlo in modo spontaneo.
In questo modo, lui sente che ha reso felice il genitore e iesca un meccanismo per cui avrà voglia di replicare quel comportamento. Non dimentichiamo che i bambini ci amano più di quanto facciamo noi adulti e loro desiderano renderci felici.

I bambini hanno bisogno di conferme d’amore

La 'formula magica' per educare al meglio un bambino nel rispetto di una serie di regole base, e crescerlo sano e felice con se stesso e il mondo non esiste. Ma l'adulto può contribuire enormemente con il suo atteggiamento al benessere emotivo del bambino e alla relazione.
A volte, nel rapporto con il bambino, si dimentica di ribadire i propri sentimenti: è invece importantissimo farlo. “Ogni tanto chiedo ai genitori: 'Ma lei dice mai a suo figlio che è contento, che è proprio lui il bambino che voleva?' - questo è un aspetto che tengo moltissimo a sottolineare. La conferma affettiva è vitale per crescere, tutti noi abbiamo bisogno di essere amati.
Dire al bambino che è proprio lui il nostro bambino e siamo felici di averlo avuto è essenziale per la sua crescita. Oltre alla conferma affettiva, l'esperta richiama l'attenzione anche su altre esigenze di ogni bambino: il genitore deve prestare ascolto al bimbo, dedicare a lui il suo tempo e tanta pazienza.